martedì 16 settembre 2008

Gelato al veleno

Non fu nulla la prima notte, ma nemmeno quella dopo e le altre ancora. E non che mancassimo di attenzioni e di tentazioni nel trascorrere delle ore e degli alberghi. Fatta salva la stanchezza per il viaggio, con tutte le inespressive, logore faccende da disbrigare (dove mangiare, a che ora ci parte il volo, quanto abbiamo in portafoglio, serve uno spazzolino nuovo, etc.), Carla non tralasciava affatto cura e attenzioni minuziose nell'acconciarsi, da apparire sovente d'inaspettata sensualità. Scendeva per colazione in eleganza serale di gonna scura aderente e stivale, la vidi girare per le strade più affollate in shorts di jeans tiratissimi da non contenere, al solo accenno di doversi piegare, per intero il sedere. Ci trovammo in bar e minimarket, a discutere insieme agli avventori conosciuti sul posto, con lei in camicetta bianca sottile annodata all'altezza dell'ombelico, con le mani affilate che gesticolavano sopra i polsini rigidi, e l'irregolare ampia scollatura sul petto fino a lambirle i seni per le prime due asole lasciate sbottonate.
Provai a spiegarmi quelle provocazioni come frutto del viaggio e della lontananza. Una divagazione aperta sui freddi costrutti di vite troppo provinciali. Dalla frontiera del proprio mondo ordinario in poi, poteva ricostruirsi liberamente una nuova immagine di sè senza impigliarsi nella rete vischiosa delle vecchie conoscenze. Sembrare porca e non renderne conto a nessuno. Sentirsi sporca ma senza nasconderlo sotto il tappeto.

Così del nostro viaggio di nozze in Canada ricordo la voglia negata di sesso, gli ammiccamenti diurni di mia moglie tranne quelli più ovvi in camera. Tanto non feci che di lì a poco arrivai in preda allo sconforto di un'amara disillusione, a masturbarmi in bagno prima di andare a dormire. E pure quando alla rassegnazione cominciava a prendere il posto la consolazione di avere una moglie "bianca", al riparo da puerili imprevisti, una sera Carla mi avvisò - testuali parole - che "non poteva indossare le mutandine".
Questo amore è un gelato al veleno: questa strofa, da sola, occupava allora la mia mente. Cos'altro? Provai un brivido, paura di cadere e di non trovare parole sufficientemente forti da farne capitolare le intenzioni. E così avvenne.
La semplice perversione mi venne allora venduta come forza delle circostanze. Quella gonna era fatta per essere indossata senza le mutande, per un'esigenza di moda, per un fatto di etichetta, per una questione di prezzo (visto anche quanto l'aveva pagata). Facendo leva su tali argomenti, che poi erano la mia inettitudine, si aggiudicò in questo modo il suo primo desiderio di spregiudicatezza. Il secondo che mi fece in regalo come ricompensa alla mia accondiscendenza, era di andarcene a cena in un locale di Niagara che lei stessa avrebbe prenotato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ciao sono un frequentatore abituale di blog cuckold e rovo il tuo molto più bello intrigante e sopratutto ben scritto di tanti altri che hanno più lettori...ti consiglio di fare un po' di scambio links e farti conoscere perché ne vale veramente la pena!