giovedì 4 settembre 2008

Dopo una pizza

Sono seduto sul mio, sul nostro letto. Meno di un'ora fa stavo seduto in pizzeria.
Cosa cambia. Eravamo, siamo in tre. Ero a disagio prima; lo sono adesso. Cambia che adesso tengo tra le dita la bustina del loro profilattico. Lei perentoria me lo ha ordinato: "Mettiglielo su".
Stanno di lato, lei sdraiata supina ancora vestita come in pizzeria. Meno le mutandine, si è raccomandata che gliele ritirassi nel suo comodino. Lui invece è inginocchiato di fronte a lei, completamente nudo di fronte alla gonnellina morbida, ultimo inadeguato baluardo alle intimità di lei ormai scoperte all'aria. Soltanto il seno si salva sotto al riparo della maglietta aderente che, pudicamente, si limita a rivestire il turgore dei capezzoli. E' eccitato e mi guarda con un certo nervosismo. Vorrebbe più celerità da parte mia?
Io come sempre sto per obbedirle. Apro di taglio la bustina. L'odore di lattice mi finisce sulle mani. Quante volte ho avuto gesti così banali. Ora invece i pensieri corrono copiosi in fretta, accorrono come per consolarmi, per cercare una spiegazione razionale che plachi il disagio di quel che sto facendo. In fondo, stai di nuovo obbedendo a lei.
Prendendo l'anello elastico con tutte due le mani mi avvicino al membro di lui accostandomi timoroso come a cercarvi appigli anche con l'olfatto. Svetta carminio, sul cusinetto carnoso di prepuzio sempre meno bastante, il glande di lui osceno di voglia; e quando lo afferro di pugno per il tronco ormai giunto all'acme di una parossistica venosità, per tenerlo fermo e srotolarglielo fino alla base, una goccia precorritrice di liquido s'affaccia dalla punta . Troppo tardi ti ho già infilato. E' stato breve, merito specie del suo turgore che mi ha sollevato da quel lavoro paggesco. Adesso può entrare senza indugi e scoparmela davanti agli occhi.

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