martedì 9 settembre 2008

Una domenica diversa

Una domenica di foglie gialle con il sole d'autunno, romantici baci casti in color seppia, le risate con gli amici, fontane di petali di rose sopra un sagrato e frattali di luci cangianti spioventi da ogni angolo di cielo e dalle vetrate. Anche questo è l'album del nostro matrimonio. Ma ancora oggi sarebbe disonensto fissarsi sulle pose o sui lustrini ricercati dal fotografo. Questo era il giorno in cui sposai Carla.
Il nostro matrimonio fu in chiesa. E fu il raccolto, la mietitura della vera festa e dei nostri sogni di allora, che minuti e borghesi quali erano, stavano invero nei preparativi. Ci servimmo della fede come a teatro si spostano i pannelli dei fondali. La croce, l'alleluja, il sacramento sfilarono come nel giorno di Carnevale. Io detestavo Dio, lei utilizzò la religione come guepiere e rossetto. Il "Si, credo" che ci fecero pronunciare fu il prezzo che pagammo alla Chiesa per celebrare il rito davanti ai parenti.
Del resto gli invitati, specie i più stretti, ci ripagarono di gratitudine e risconoscenza. Dall'uscita in poi fu la solita pioggia entusiastica di eloqui premurosi, tipo: "complimenti, organizzazione impeccabile", "stai bene in elegante", " Dove l'avete trovato il castello?", "carino il métre", "e poi dove andate?".

Fin qui tutto bene; ma sebbene col tempo venissi blandito da ricordi ben più sgradevoli, ancora oggi mi trovo a scacciare da quelle facezie senza senso una visione, un concepimento, la prima mattonella dei fatti che in seguito si sarebbero affacciati espliciti alla nostra vita di coppia. Perchè io allora, accettai la cerimonia cattolica senza obiettare? Io che non ne potevo apparire solo indifferente, compiaciuto com'ero di contrastarne pubblicamente i principi. Io che ho sempre tenuto al mio ateismo senza sensi di colpa, perchè adesso - facendomi del male - offrivo ai miei cari l'oppurtunità di esprimere in volto stupore e ravvedersi?
Finsi di farle un dono, e lasciai sfumare la mia volontà per far posto alla sua, senza sollevare questioni. Lo feci con l'intenzione di poter vantare qualcosa in cambio, per avere lei, per Carla. Che di buona famiglia quale era scacciava, con la sua aria di meticolosa ambizione, i miei timori ricorrenti di trovarmi un giorno al fianco di 'una poco di buono', di essere svergognato e deriso dai conoscenti, con la paura di fondo di perderla. Invece di agire e coccolarla e di sedurla, mi limitavo a riporle tra le braccia il fardello pesante della mia fiducia. Sentendomi perciò in credito della mia innata onestà, continuavo ad aspettarmi che la trattasse, solo per questo, con il maggiore decoro e riguardo. Mi rendo conto di avere avuto sin da allora più aspettative che intraprendenza e che questo prima di iniziare significa perdere.

Così, alla luce delle corna che portai in seguito, rivedo la nostra bianca notte di nozze, quando braccato tra una matta voglia di averla nuda ed il desiderio di non apparire noioso e puerile, abbracciandomi teneramente, lei in vestaglia corta mi sussurrò di dormire.

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