Proprio non saprei dire cosa spinga una donna a rendere partecipe il compagno al suo stesso tradimento.
La teoria, tra le più più accreditate, vorrebbe una sorta di materno sentimento di compiacenza rivolto al proprio compagno: un regalo, una carota al coniglietto, un modo di renderlo felice. A lui non piace in fondo di essere tradito?
Tutto questo ha il sapore della buona coscienza con il suo contorno di partigiano tatticismo. E' il vestito elegante per un gesto infamante. Il gusto di un primitivo: lo uccido per non farlo soffrire.
Perchè non battere un'altra strada, forse più freudiana e perciò meno amata. Ci dev'essere un ostinato senso di competizione nel rapporto, che spinga la donna ad affermare e a lusingarsi del proprio potere nei confronti del partner. Dev'essere una donna che si autocompiaccia di avere al suo fianco un uomo inetto, o almeno inetto più di lei, e allo stesso tempo di rimando compianga la propria sfortunata sorte. Un'autoaffermazione quindi prima che un atto di generosità.
Amo pensare che anche mia moglie nei miei confronti abbia potuto nutrire in certi momenti un senso di vergogna, un "errore" di percezione all'origine del proprio matrimonio che creda di poter tacitare solo gridandolo al mondo (rendendomi cornuto e consapevole).
In sintesi come nel pianto di una bambina.
giovedì 4 settembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento