venerdì 5 settembre 2008

Non è che rimanessi proprio immobile. Nella mia posizione, pur seduto sul bordo del letto, dondolavo, con le braccia tese all'indietro ad esibire un inutile equilibrio ad ogni sobbalzo del materasso.
Cosa facevo lì vestito di tutto punto, con i suoi abiti addosso: camicia, pantalone, calzini, scarpe e persino mutande che lei prima gli fece togliere. E lei al solito, senza nemmeno sforzarsi di mostrare una fittizia comprensione circa il mio stato, vestita tal quale era per cena, maglietta bianca corta all'ombelico con la marca sul seno e la gonnellina tipo kilt, come quando parlava di lavoro tra un bicchiere e un dolce. Come prima ma con i suoi capelli ricci biondi di cui riconoscerei ad una ad una le fragili ombre, lascivi e sfatti sul cuscino, e con quelle cosce quasi lattee di pallore sfrontatamente divaricate e strette a morsa lungo la shiena del suo amante. Mai mi è riuscito di ricondurre la sua bellezza quotidiana fatta di gesti insignificanti al significato di quel buio turpore morale cui mi sottoponeva.
Potevo solo guardare anche se ero in preda ad un delirio di eccitazione perversa, prigioniero dentro agli abiti di lui. Lo vedevo spingersi dentro prima adagio con una perizia lenta di un ricercatore in mezzo alle spoglie di una civiltà antica. Piano piano glielo infilava dentro scavandone le pareti, come a volere e prendere coscienza dell'attimo cui avrebbe saggiato il fondo. Sotto tutto ciò lo sguardo di lei puntato ai suoi occhi pieno di fiducia per quel sordido rituale di profanazione. Con me sarebbe stata sufficienza.
Senza l'esigenza di cambiare posizione era una progressione di spinte riverberata all'unisono dall'ondulare mio e dai rumori del letto. Quando poi lui affossandosi di piacere con la faccia sul cuscino le lasciò sgombro il volto al soffitto, lei ebbe un sussulto che non posso trascurare. Scostò la sua gamba destra solcata di continuo dagli scossoni delle spinte che lui le regalava e la poggiò con il polpaccio tremulo sulla mia spalla. Soddisfatta appieno da quell'improvvisato sollievo di bracciolo umano, per un attimo voltò il suo sguardo di lato per guardarmi - indisturbata da lui - dritto negli occhi. E fissandomi al colmo del piacere, sorrise quasi come per una gentilezza nei miei riguardi o meglio provò ad abbozzare un sorriso ma reso turpe per la bocca contratta e il fiato corto. Durò qualche istante poi avvertendo probabilmente l'imminenza dell'orgasmo di lui, richiamata all'ordine da un bisogno più impellente, non esitò affatto a privarmi di quella pur tenue attenzione, per riportare la gamba a stringere con ancora più vigore le prime contrazioni eiaculatorie che si affacciavano all'orgasmo dell'amante, e ricevere con priorità assoluta (sopra la mia eccitazione) l'ondata di orgasmo di lui.

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