Non che mi dispiaccia affatto di immaginarci con la maturità di una coppia che sonnecchia sul divano di Domenica pomeriggio con un programma televisivo in sottofondo. Mi rendo conto che il maggior tempo che perdo a fantasticare su come potrei essere e diventare, avviene proprio in quei momenti quando la vita prende una piega indesiderata verso tonalità cupe e fredde.
Per questo non accusai nemmeno troppo dolore il giorno che ricevetti da mia moglie l'incarico di telefonare a "Massi" per farlo entrare in casa nostra. Già il nomignolo - Massi - con il quale lei lo chiamava, era una lama calda che si appoggiava sui miei brandelli di ego. Se non Massimiliano, avrei accettato bene Massimo o anche Max, che di gran lunga mi sembravano più banali e scontati. Invece quel nome, Massi, che mi arrivava insieme al languore di una voce addolcita, le donava un guizzo di vita negli occhi che mai avrei veduto parlando con lei di altri conoscenti. Nel nome c'era già apprezzamento, la tentazione di un frutto impossibile.
Per me che mi limitavo a sentirlo nominare dalla voce ogni volta partigiana di mia moglie, rimaneva soltanto l'avvocato a cui Carla vi faceva da assistente, anche se tra i colleghi certamente il più pericoloso.
Potevo forse sbagliarmi su di lui e sul fascino che poteva avere sulle donne, ma l'idea che mi ero fatto soltanto per sentito dire mi veniva naturalmente franca e del tutto priva di zone d'ombra, neanche ci conoscessimo da una vita.
Era un carrierista. Uno giovane, tanto più giovane di me quanto allo stesso tempo più determinato e ambizioso. Chi intraprende la carriera in un foro legale generalmente sogna il grande caso. Questo giovane avvocato invece, più di una volta si era rifiutato di seguire per lo studio legale dove esercitava, casi di affari poco puliti della politica locale e di malasanità per dedicarsi a quello che gli altri snobbavano come affitti, recupero crediti e altre robette di poco conto. Da scalatore sociale lucido e previdente era questa la sua maniera per farsi alle spalle una rete fitta quanto solida di clientela affezionata e legata a lui solo.
Non era sposato ma di lui mi tormentava in seriose considerazioni l'esibizione sprezzante di un atteggiamento volutamente cinico, rischiando con ciò d'insinuare proprio in mia moglie l'origine di nuovi e forse più vitali sentimenti in contrasto con i miei moralismi e le tante questioni di principio di cui ridondavano ogni giorno le nostre conversazioni. Bastò davvero poco per elevarsi in questa maniera agli occhi incuriositi di lei come "un tipo in gamba", uno più maturo dell'età che ha.
E di lì in poi fu un ulteriore passo breve a rendere quei contrasti tra la mia immagine e la sua come cartine al tornasole che le chiarissero di volta in volta i confini tra un uomo vincente e uno perdente, tra chi la vita l'aggredisce e chi invece la subisce. Ogni rimprovero a me rivolto finì così per diventare un attestato di stima per lui fino alla frustrazione di certi eccessi in cui non riusciva a trattenersi dal portarmelo ad esempio.
sabato 7 febbraio 2009
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1 commento:
un vero peccato che tu scriva così poco
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