venerdì 10 aprile 2009

Troppo tardi per capire

Decisi di vendere cara la pelle il giorno che a bruciapelo Carla mi chiese il favore di telefonare al suo superiore. Avrei avuto bisogno di tempo per orizzontarmi, per capire se qualcosa di anomalo stesse per succedere. Ma con lei toccava rifarsi ancora una volta a decisioni repentine in assenza di informazioni che insieme ai loro echi di razionalità avrebbero portato rassicurazione e lucidità mentale.

Questa volta non avrei ceduto senza reagire. Anche soltanto per fingere con Carla di non essere tanto superficiale da non interessarmi alle sue richieste. Questo afflato di nobiltà d'animo mi diede forza per prendere tempo.

Stava chiamando dal suo cellulare.
"Ma perchè non lo chiami tu?" fu quanto riuscii a motivare. Sebbene da una simile ovvietà non potessi sperare altro che una risposta ancora più scontata, con essa mi sentivo da subito rincuorato di trovarmi dalla parte della ragione.

Ebbi in cambio tutta la sua pazienza necessaria per una spiegazione dai toni didascalici: teneva il numero sulla rubrica di casa ed era senza ricarica (per contratto in questi casi poteva chiamare me soltanto). Uscendo dall'ufficio, nel pomeriggio di permesso per andare dall'estetista, si era dimenticata di fargli firmare un plico di carte che gli sarebbero state indispensabili - pena la prescrizione di una causa importante - quando il lunedì mattina il suo giovane avvocato sarebbe andato in tribunale direttamente senza passare dallo studio.

"Non puoi andarci tu dopo?" seguitai ad insistere, ma senza credere io medesimo alla forza persuasiva di simili questioni di principio. Mi compiaqui tuttavia di incassare il naturale epilogo della voce addolcita di Carla che come s'usa ad un bambino a lungo capriccioso prometteva una sorpresa per la serata. Bastò da sola quella attenzione rubata a farmi sentire vincitore nella pur breve lotta.

Mi disse semplicemente che più tardi lui sarebbe uscito dall'ufficio; non restava altro da chiedere che venisse l'indomani (sabato) mattina a casa nostra, dove al nostro computer avrebbe compilato e stampato in tutta tranquillità i documenti necessari.


Con la mia apparente irremovibilità unita alla promessa che Carla si lasciò scappare mi sembrava di averle fatto pagare un prezzo fin eccessivo per il mio aiuto (di norma non avrei nemmeno tentato di oppormi). Facendole cadere dall'alto la mia complicità, in questo modo la mia autostima ne usciva del tutto preservata.

E a contribuire a farmi tenere bassa nel contempo la guardia, fu proprio la telefonata successiva al "suo" Max. Uno scarso entusiasmo di lui che registrai nei suoi modi, la brevità di certe risposte di servizio, e un atteggiamento che scambiai per quasi insofferenza dinanzi al mio invito per l'indomani furono acqua fresca sul fuoco della mia gelosia. Pensavo che se per tradire si dev'essere almeno in due, lui non sembrava quello più interessato. Ora che so quanto allora mi sbagliassi, posso affermare che il mio era furbesco autoinganno. Spostavo su di lui il baricentro delle attenzioni per cosa avrebbe o non avrebbe voluto fare, quasi fosse in verità lui a potermi tradire. Mentre troppo tardi mi arresi a constatare che quanto più lui si mostrava indifferente, tanto lei desiderava di sedurlo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

?
sempre più criptico